Sub.ITA in visita performativa a Palazzo Te

 

Martedì 17 gennaio 2023 il gruppo teatrale Sub.ITA, guidato da Teatro Magro, si è recato a Palazzo Te per una visita performativa. Sub.ITA è un corso pensato per migranti, rifugiati, richiedenti asilo e non che quest’anno si rivolge prevalentemente a ragazzi minorenni la cui partecipazione è sostenuta dal SAI di Mantova. L’evento di martedì rientra nel progetto europeo Crossroads, un programma di condivisione di pratiche culturali per l’inserimento dei migranti che prevede 20 mesi di attività e scambi fra sei realtà artistiche italiane e non.

I corsisti di Sub.ITA, assieme ad altri ragazzi del SAI, hanno visitato Palazzo Te con l’accompagnamento individuale di un operatore di Teatro Magro. L’obiettivo principale è stato stimolare l’osservazione dei visitatori senza incorrere in pedanti dinamiche di turismo museologico, che si è limitato ad alcuni brevi cenni storici forniti all’ingresso da una guida del Palazzo. Ciascun ragazzo ha poi intrapreso il percorso fra le sale, venendo continuamente sollecitato e provocato da alcune domande e richieste di azioni preparate dal team di Teatro Magro.

Quale di questi affreschi vorresti in camera tua?

Qua dentro sei ricco o povero?

Chi vorresti al tuo fianco in questo momento?

Dove metteresti il water?

Chi c’era qui prima di te?

Tè al limone o alla pesca?

Il tuo primo pensiero appena sveglio.

Sai cucinare?

Dimmi qualcosa che io non posso capire.

Chi baci sulla fronte?

Coricati e guarda in alto.

L’ultima cosa che ricordi? E ora?

Questa sorta di intervista performativa aveva lo scopo di monitorare le reazioni spontanee dei partecipanti che si sono trovati per la prima volta circondati dalle bellezze artistiche della città che abitano, alcuni solo da pochi mesi. È questo da sempre il modus operandi di Teatro Magro: non assegnare una parte, calandola dall’alto come un vestito che rischia di essere troppo stretto o troppo largo, ma suscitare nel partecipante una tempesta di suggestioni personali, libere, creative, che possano essere esemplificatrici, in quel momento, del potenziale artistico dell’individuo scevro da ogni etichetta o categorizzazione. Il materiale prodotto dai ragazzi, e raccolto tramite registrazioni audio, foto e video, potrà essere usato per la dimostrazione teatrale di fine corso, a giugno, che si terrà proprio a Palazzo Te, o per il tool-kit dal valore documentativo previsto da Crossroads per raccogliere in forma multimediale tutti i contenuti emersi durante il progetto.

Il “rischio” pedagogico di un’esperienza come questa sarebbe stato infarinare i visitatori di nozioni inutili per captare ciò che veramente produce in loro il percorso di Palazzo Te. R.E., un ragazzo egiziano, si è aggirato per le sale con sospetto e curiosità, rimanendo affascinato dalla dimensione temporale e insistendo sulla differenza fra adesso e 500 anni fa. Indicava le porte, i soffitti, i pavimenti, e chiedeva se erano della stessa epoca degli affreschi. Subito notava l’elemento moderno, come la luce artificiale, e lo rapportava al resto: “in tutto il palazzo non c’è luce”. Uomini e donne sono spesso rappresentati nudi perché “500 anni fa non c’era la tecnologia”. E nella Camera degli Stucchi lo stupore, quasi infastidito: “Sempre in guerra prima, ma non c’era da mangiare?”.

Nei casi in cui la domanda era di difficile comprensione, ciascuno era libero di rispondere nella sua lingua. Silenzi e linguaggi non verbali erano fondamentali oltre che interessanti a livello performativo. M.L., alla domanda “chi è per te un eroe?”, ha risposto suo padre, perché “lui prima lavora, fa tutto lui, prende, mangia, tutto”. Erano diversi gli ambiti che le domande potevano far sorgere: il passato, la famiglia, l’acqua, il divertimento. I ragazzi si sono così ritrovati a riflettere non tanto sul Palazzo in sé, ma su di loro. È a questa dimensione incensurabile che punta e che punterà il corso nei prossimi mesi: una graduale scoperta identitaria, che laddove manca la scioltezza linguistica può essere sostenuta dall’attenzione al gesto e al movimento, dalla consapevolezza del proprio corpo e dello spazio che occupa, dall’idea che si è sia uno, sia gruppo.

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